San Pietroburgo, 1903. Un membro dell’organizzazione terroristica che combatte il governo zarista riceve l’incarico di assassinare il ministro dell’Istruzione Kurilov, Il Pescecane che con spietatezza reprime ogni tentativo di protesta studentesca.
Léon M., orfano di rivoluzionari e allevato in Svizzera dal Comitato, assume l’identità di un giovane medico straniero e viene introdotto nella casa estiva del ministro, che a dispetto della sua immagine pubblica di uomo terribile e onnipotente, è in realtà un vecchio gravemente ammalato e smarrito nel constatare la propria progressiva caduta in disgrazia presso la corte. Nei mesi passati uno al fianco dell’altro, Léon M. matura nei suoi confronti un sentimento contrastante, che oscilla fra la compassione per la fragilità e il dolore che a tratti gli si rivelano e l’odio profondo per l’uomo crudele e collerico, simbolo di quello stato nel cui disprezzo Léon è cresciuto.
Qui, come nello strutturalmente assai più complesso Suite francese, i personaggi di Irene Némirovsky sono piccole e limitate cose nel flusso di una Storia che procede tutto travolgendo e tutto annientando. Una Storia che è la somma di infinite storie, ciascuna delle quali racchiude un mondo intero di vicende, complessità e contraddizioni e nella quale, alla fine, non è più possibile trovare un senso. E quello che resta sono solo le parole con le quali il racconto si chiude: La vita è stupida.
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Lo leggerò. Ho deciso di dedicarmi sistematicamente alla Nemirovski: mi piace, ma alla fine mi lascia sempre un’impresisone di incompletezza, mi sembra che manchi qualcosa, non mi convince mai completamente.
Me, invece, mi convince completamente. Tutto quello che ho letto finora mi è sembrato di qualità altissima e anche io sto un po’ alla volta recuperando tutto quello che Adelphi ha pubblicato e pubblica.
mai letta la nemirovski.
a questo punto non potrò più esimermi dal leggerla (anche se non sistematicamente).