Kafka in vaporetto

Proviamo a metterci nei panni di un qualunque cittadino, residente o turista che sia, che arriva a una fermata del vaporetto come questa e scopre che per entrare deve obbligatoriamente utilizzare il biglietto (pardon: per i fini linguisti di ACTV il titolo elettronico di viaggio) per fare aprire i portelli automatici. Nulla di strano, ovviamente, ordinaria amministrazione in qualsivoglia città se non fosse che qui (siamo alla fermata di San Stae sul Canal Grande ma non è l’unica):
1: non esiste biglietteria
2: non esiste distributore automatico di biglietti
3: non esiste alcun tipo di indicazione che dica dove ci si può procurare un biglietto.
Supponiamo che il cittadino qualunque per un motivo qualunque il biglietto non lo possieda: può capitare di trovarsi nella necessità non preventivata di saltare anche con urgenza su un mezzo, no? non vuole fregare nessuno e comunque sa benissimo che il biglietto lo si può comprare anche a bordo. Se fosse di là del portello potrebbe acquistare il biglietto che non ha, ma siccome non ha i biglietto non passa il portello.

Kafka, a paragone di quelli dell’ACTV, era un dilettante.

Forse ritengono che il nostro signor Rossi, appurata l’irremovibilità del portello, dovrebbe mettersi a vagare sotto il sole a picco in cerca di un tabaccaio che vende titoli elettronici di viaggio? Beh, da queste parti Rossi potrebbe anche morire prima di trovarne uno. Mi piacerebbe che qualcuno che sa di diritto mi dicesse come si configura un’azienda di trasporto pubblico che non dà ai propri clienti i mezzi per essere in regola e poiché non sono in regola li esclude dal servizio.
Oh, non ci vogliono maghi della gestione aziendale per sistemare una sciocchezza del genere: basta un banale distributore automatico. Ma è evidente che il bilancio di un’azienda che spaccia la maggior parte dei propri biglietti a sette euro e cinquanta al pezzo non consente di affrontare investimenti per attrezzature così fantascientifiche. Meglio dare per scontato che chi non ha il biglietto passa sotto i portelli o si accoda a chi il biglietto ce l’ha, o aspetta chi scende dal vaporetto in arrivo per entrare dai portelli dell’uscita. Mica vorremo giocarci la fama di unica, vera repubblica delle banane?

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3 risposte a Kafka in vaporetto

  1. Anifares ha detto:

    Io ho visto gente passare sotto i tornelli comprare il biglietto e poi il marinaio dice “vada a convalidarlo che noi aspettiamo” 🙂 Kafka non è niente di fronte all’ACTV

  2. capriceroyal ha detto:

    Grandissimo reportage,come sempre.L’ironia . èpur vero – è assai più efficace della semplice critica. Peccato che per comprendere l’ironia sia necessario un minimo d’intelligenza. E questa, ahimè, latita abbondantemente.

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