Gli alberi della Biennale

Ai Giardini della Biennale, gli alberi sono venuti prima dei padiglioni. Non questo, naturalmente: non è nemmeno un albero ma è talmente bello e così perfettamente rappresenta le nozze di natura e artificio che qui si celebrano, da farti venire il sospetto che Carlo Scarpa abbia voluto studiarne e disegnarne ogni voluta del fusto.
Ai Giardini c’erano prima gli alberi, che ottennero il diritto di non essere toccati nella progressiva costruzione dei vari padiglioni nazionali. Qui l’architettura si insinua fra i grandi tronchi; li sfiora, li contiene, li chiude a volte in improbabili vetrine.  Ma una volta tanto non gioca il ruolo dell’invasore che tutto occupa e tutto distrugge. Anzi, la millimetrica e lentissima crescita dei tronchi anno dopo anno ribadisce l’inevitabile vittoria dell’animato sull’inanimato.

Siamo alle ultime battute dell’esposizione di quest’anno, che ha battuto ogni record di visite ma è anche, a mia memoria e per quel che posso capire, una delle più deludenti. Soprattutto nei fine settimana torme di turisti affollano ancora padiglioni e Arsenale, girovagando fra installazioni ormai traballanti e già palesemente pronte ad essere dismesse e dimenticate. Ancora una settimana, poi la nebbia che in questi giorni è già scesa fitta riprenderà definitivo possesso dei Giardini, come per assicurar loro un inverno di tranquillità in attesa della prossima kermesse.

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Una risposta a Gli alberi della Biennale

  1. Ma… questi alberi sono un concept?

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