Spigolature berlinesi

Questa è l’ultima immagine che Berlino mi ha lasciato ieri mattina, grigia e fredda, di là dalle vetrate della stazione Zoo mentre aspettavo la S-Bahn che doveva portarmi all’aeroporto. E’ una città che ti prende, Berlino, che ti piaccia o no. A Roma, a Venezia, a Parigi la storia la respiri a ogni metro di strada, ma è una storia lontana, diventata museo, una storia che possiamo guardare con quel distacco che la fa suggestiva ma non più di tanto coinvolgente. A Berlino, dove tanto meno è rimasto del passato, la storia è lì, è ieri, due ore fa, la storia si sta facendo adesso, in quei tutto sommato pochi chilometri quadrati appena usciti da uno strazio durato settant’anni, in quel crogiolo culturale incredibile che nessuna invasione del becero turismo internazionale riesce a soffocare.
Una meticolosa esplorazione di Dussmann, nella Friedrichstrasse e una visita al Nolde Museum, che ogni tre o quattro mesi cambia completamente le opere in esposizione ed è quindi ogni volta diverso, sono riti ai quali non intendo rinunciare ogni volta che vado a Berlino. Ma sono tante le ragioni per cercare di andarci almeno una volta l’anno. A cominciare dalla piazza più bella del mondo, Gendarmenmarkt.

Lo so che ho piazza San Marco sotto il naso tutti i giorni, però la bellezza algida di questo rettangolo con le due chiese gemelle (quella che non si vede qui l’avevo alle spalle quando ho scattato la foto) che affiancano lo Schauspielhaus, oggi Konzerthaus, di Schinkel mi lasciano ogni volta senza respiro. Cosa mi resta poi di questi pochi giorni? Gli spuntini pre-teatro in un miscroscopico ristorante turco, serviti da una adorabile giovane cuoca che ogni volta ci chiedeva se volevamo portarci via qualcosa da mangiare durante lo spettacolo. La gita “fuori porta” in un giorno già primaverile nonostante il ghiaccio invadesse ancora il lago, alla cittadella di Spandau, restaurata e aperta al pubblico.

Poi la visita alla Knoblauchhaus, nel Nikolaiviertel (un isolato pateticamente ricostruito dalla DDR per darsi un’immagine di chi ha cura del patrimonio antico, e questo dopo aver fatto saltare in aria con la dinamite l’intero palazzo reale) che contiene un delizioso piccolo museo dedicato al Biedermeier.

E poi, visto che parliamo di musei, una mostra strepitosa alla Neue Nationalgalerie: Moderne Zeiten, tempi moderni. Opere della collezione del museo dal 1900 al 1945. Come dire, il terzo volume dell’Argan dal vivo.

E poichè il confronto col passato più recente non può mai essere rimosso, in mezzo alle opere esposte stanno anche riproduzioni in scala 1:1 e in bianco e nero delle tele che avrebbero dovuto esserci perchè facevano parte della collezione ma, rimosse dai nazisti perchè entartete Kunst, arte degenerata, sono nei casi migliori finite altrove, oppure distrutte o disperse.
Usciti dal trasparente edificio di Mies van der Rohe, un salto alla vicina Gemäldegalerie per constatare che nemmeno questa volta vedremo l’Amor vincitore di Caravaggio, prestato a Roma. Poco male se quel che resta è del livello di questa parete della stanza dedicata a Rembrandt.

Ma non c’è Rembrandt né Tiepolo che tenga: il quadro del mio cuore in questo museo è questo Le nozze di Amore e Psiche di Pompeo Batoni. Qui davanti mi sono mentalmente genuflesso per cinque lunghi minuti.

E’ ora di chiudere, fra l’altro mi sembra che WordPress faccia le bizze stasera e non salva le bozze. Rischio di star qua a scrivere come un fesso per poi perdere tutto. Naturalmente Berlino è anche e soprattutto opera. Tre sere a teatro: prima alla Deutsche Oper per uno splendido Evgenij Onegin, con una strepitosa messa in scena tutta bianca e un Bo Skovhus da standing ovation (il secondo da sinistra nella foto).

Poi alla Komische Oper che, per non farci mancare nemmeno un ulteriore brividino, ebbe fino al 1933 il nome di  Metropol-Theater e fu uno dei più popolari teatri di operetta e varietà di Berlino. La casa di Richard Tauber, per capirci. La sala è scampata alle bombe e oggi le gigantesche figure di telamoni in stucco che reggono mandolini e ombrellini cinesi assistono alle ardite messinscene teatrali della compagnia d’opera più di avanguardia della Germania.

Per fortuna, il Rosenkavalier che ho visto venerdì sera non stravolgeva con eccessi da Regietheater alla tedesca il capolavoro di Strauss e Hofmannstahl. Anzi, lo spettacolo era bellissimo e incredibilmente suggestivo.

Il Don Pasquale di sabato era invece molto più ardito, ma non gratuito e divertente. E allora, se a un’opera buffa si ride e si partecipa, e si gode di una esecuzione musicale più che buona, dov’è il problema? All’uscita, un’ultima occhiata al Gendarmenmarkt quasi deserto e un saluto a Schiller sempre in posa sul suo piedistallo davanti alla scalinata del Konzerthaus. Arrivederci a presto, torno nel paese dell’odio e dell’amore. Quello mi è toccato, ognuno ha la sua croce.

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3 risposte a Spigolature berlinesi

  1. Ma to’ guarda: quel bel salottino biedermeier in cui mi sedevo ad ascoltare Schubert con il tombolo in mano è finito al museo di Berlino.

  2. marcoboh ha detto:

    la prima volta che andai a berlino fu nell’agosto del 1989: appena in tempo per esserci, nella città ancora in guerra. la storia era lì presente, e ti chiedevi se fosse davvero storia, oppure ancora cronaca. anche se “di qua” tutto sembrava pronto per una riunificazione nemmeno peraltro immaginabile; mentre “di là” l’ovest sembrava nemmeno esistere.
    ma “di là” c’era gendarmenmarkt, la piazza più bella del mondo anche allora.

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