Lei è elegantuccia nel suo vestito rosa carico, lui è classico-sportivo: pantaloni e polo blu, occhiale nero. Lei presumibilmente sui 35-40, lui direi sui 40-45. Li noto arrivando col vaporetto, o meglio me li fa notare il marinaio che si prepara all’approdo quando dice: ara i do mona de turno. Sgambettano e saltellano e passeggiano divertiti sui blocchi di pietra d’Istria che fanno da cornice e basamento al Monumento alla Partigiana che Augusto Murer e Carlo Scarpa hanno creato nel 1961 per la riva davanti ai Giardini della Biennale.
La borsetta di lei, del medesimo rosa carico del vestito, è appoggiata graziosamente su uno dei blocchi di pietra. Mentre mi appresto a scendere faccio voti affinché uno dei due conosca che le alghe son peggio della buccia di banana e finisca in acqua, ma purtroppo non succede.
Quando scendo e mi avvio per la riva, i due insemenii (vulgo: coglioni) hanno terminato il gioco, lei ha recuperato la borsetta e per guadagnare la fondamenta lui sta cercando con qualche difficoltà di farle scavalcare il parapetto di cemento. E io non ce la faccio a stare zitto:
– Ma a voi sembra normale?
– Sorry (sorriso radioso), I don’t speak italian.
Americani. Premo il pulsante switch to English e ricomincio:
– Vi sembra normale passeggiare sopra un monumento?
– Perché, non si può?
– Avete scavalcato una siepe con una sbarra e poi un parapetto, mi sembra abbastanza evidente che non si può. E poi è un monumento.
Palesemente ignari di cosa sia ciò che stanno calpestando, borbottano qualche parola di scusa e se ne vanno con la coda fra le gambe, ho rotto loro l’incanto. Tre spagnole mi guardano e sento che una dice alle altre: ve l’avevo detto che erano turisti.
Tutto potrei fare nella vita tranne che il trascinatore di folle. Però è venuto il momento di dire basta a queste orde di cafoni che non portano il minimo rispetto al posto che stanno visitando. Abbiamo gente che pianta le tende a Sant’Elena, che si accampa alla Scuola di San Rocco, che dorme in sacco a pelo a San Marco, che si arrampica sui marmi della Porta della Carta (visto io, l’inverno scorso), gira per città in bicicletta e piscia nei cestini dell’immondizia. Tanto, vigili in giro non ce ne sono.
Non ho certo velleità da giustiziere, però davanti a queste cose non ho più intenzione di stare zitto, anche a rischio di frantumare, come ho fatto oggi pomeriggio, l’idillio di due colombelli. Peggio per loro, Venezia chiede rispetto e conoscenza.
Venezia non è una città per ignoranti.
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L’ha ribloggato su carlenrico.
Some people are so ignorant. I wish they have slipped on the algae.
Grazie
Da turista ma assiduo frequentatore da anni e – credo molto rispettoso – sono d’accordo, però una cosa va detta: fare pipì a Venezia è un dramma in alcune zone. E’ un po’ un guaio di molte città italiane, va detto anche questo.
errata corrige: e – credo – molto rispettoso, ***
Si va in un bar, si prende un caffè e si va in bagno (1 euro) . Oppure si va in una toilette pubblica (1 euro) ma per lo stesso prezzo non si prende il caffè. Io ho sempre fatto così, in qualunque città del mondo. Le donne lo hanno sempre fatto, sarebbe ora che lo imparassero pure gli uomini.
Ai miei tempi, diciamo 30 anni or sono, alle 20 non c’era un esercizio pubblico aperto. Per cui gli stessi veneziani (maschi s’intende), alla bisogna, affacciavano il proprio pipino sul primo canale disponibile. E le femmine, con licenza parlando, se la tenevano.
Durante il giorno, se entravi in un bar e chiedevi un caffè e il bagno (per cortesia, naturalmente) ti facevano il caffè ma rispondevano che il bagno non c’era. In barba a qualunque regolamento sull’apertura di pubblici esercizi.
Qualcuno mi può aggiornare sulla situazione attuale?
non è cambiata anzi ora si paga 2 euro per andare al cesso
Ma state scherzando???
Il costo di in caffè al banco è 1,10€ come in altra parte, anzi costa meno che in montagna!!
Spesso a Venezia nei locali pubblici anche dopo aver consumato, la risposta dell’esercente è : bagno fuori uso
ho la soluzione: entri nel bar, chiedi se è disponibile il bagno e ordini il caffè, nell’ordine. oppure te la tieni. la pipì nei cestini dell’immondizia, no.
Non si può girare in città in bicicletta???
Nel centro storico è vietato dal regolamento di polizia urbana, come anche l’uso dei pattini a rotelle. Anche se poi ovviamente nessuno si formalizza se lo fa un bambino che gioca in campo.
Cos’è uno scherzo????
Laura e Giovanna…… chiaro che non siete mai state a Venezia.. no non è uno scherzo. Venezia non è una città come le altre, almeno questo lo sapete vero?
chissà come saranno arrivati, immagino che gli albergatori, i ristoranti e i bar veneziani facciano un test di non ignoranza prima di accettare i soldi dei clienti.
Dando per scontato che ci vuole più rispetto, a Venezia come in tutte le nostre altre città, posso dire che ho vissuto per 7 anni al Lido di Venezia, lavorando principalmente fra il Lido e San Zaccaria (quindi Giardini, Sant’Elena, San Marco, fino alle Zattere, per chi è del posto) e non posso che confermare quest’orda di ignoranti e cafoni che riempono la laguna per 12 mesi all’anno. Perchè diciamolo, a Venezia il turismo si vive 12 mesi all’anno. Questo rende Venezia ai miei occhi come una città invivibile. Non me ne vogliano i residenti e i nativi del posto, peraltro magnifico. Tuttavia questa è l’altra faccia della medaglia del turismo. E senza il turismo, Venezia andrebbe poco lontano. Di cosa campa in fondo la Serenissima? L’unica soluzione potrebbe essere, forse, un inasprimento delle pene per chi sporca, deturpa, violenta questa città ogni santo giorno. Ma noi siamo in Italia, d chi le potremmo far applicare?
Se una città si riduce a vivere esclusivamente di un turismo che è più facilmente paragonabile ad una invasione , spesso di barbari ignoranti ( non parlo di censo ) la città è destinata a morire. Lo hanno affermato persone molto più qualificate del sottoscritto.
I’m totally with you on this one, Winkleman. I’ve had the same thought cross my mind this season. We all need to step out there and confront these people when we see something unacceptable being done in our city. Maybe, just maybe, the message will start to be heard. Cheers from a fellow resident of this splendid city on the water.
Thank you, Karen.
tutte le città sopraffatte del turismo (anche Roma, dove vivo, in cui al turismo si sovrappone il pellegrinaggio, spesso da parte di gente altrettanto ignorante se non di più dei turisti) vivono esperienze simili; ma a Venezia tutto si amplifica e diventa più pesante, dato che purtroppo c’è rimasto poco altro, e anche che si tratta di un luogo che non è adeguabile più di tanto alle masse, al contrario delle città di terraferma.
la soluzione perciò non è “molti turisti ma consapevoli”, la soluzione è “pochi turisti”, perché anche se fossero consapevoli quando sono troppi sono comunque un carico insopportabile.
poi a come compensare l’economia dei mancati introiti (sempre che invece il poco ma buono non sia un guadagno) ci deve pensare la politica, quella vera intendo, e non gli imprenditori “prestati” alle attività di governo della cosa pubblica.
Parole sante, Marco, parole sante…
Non so se Murer e Scarpa la pensassero allo stesso modo, ma francamente non ci vedo alcuna mancanza di rispetto. I due innamorati stavano semplicemente passando un momento di felicità e romanticismo, senza vandalizzare, sporcare o rovinare niente. E trovo bellissimo che, in un posto concepito pensando a eventi così tragici e negativi, due persone che si vogliono bene lo vivano con allegria e spensieratezza.
Prendi ad esempio il memoriale alla Shoah di Berlino: è bello proprio perché è vissuto in questo modo dalla gente, sia turisti sia berlinesi. Lo stesso architetto, Peter Eisenman, ha detto: «Questo non è un sepolcro. La gente si siede, sta in piedi, passeggia o salta in tutti i monumenti di questo mondo. Significa che ci vanno volentieri e ciò è bene».
C’è una differenza: il memoriale di Eisenman, che conosco bene e nel quale sono stato più volte, è fatto perché ci si cammini dentro e si osservino le infinite prospettive che il reticolo di strade e il mutamento di altezze dei parallelepipedi ti offrono. Personalmente non mi verrebbe mai in mente di sedermici o di saltellarci dentro e ho il sospetto che la frase di Eisenman sia una di quelle dichiarazioni di principio fatte a posteriori un po’ per far scena. Ma è un’opinione personale e qui non c’entra.
Il monumento alla Partigiana, al di là di quello che rappresenta, è delimitato sulla riva da una bassa siepe con una sbarra, disegnata da Scarpa, poi c’è una striscia di prato e poi il parapetto di cemento sagomato su cui sta la scritta dedicatoria. Tutti segni che indicano chiaramente che oltre non è dato passare. Per vari motivi, che vanno anche al di là del rispetto: il primo è che dalla riva il parapetto di cemento appare basso ma sull’altro lato è assai più alto e quindi nel tornare indietro si rischia da farsi male o di fare danni; il secondo è che le pietre affioranti dall’acqua si coprono di alghe scivolosissime e quindi pericolose e si rischia facilmente di cadere in acqua o sulle altre pietre; il terzo è che il blocco su cui poggia la statua di Murer non è una pietra come le altre, ma un cassone vuoto che dovrebbe galleggiare sull’acqua. In realtà il pezzo lo si lascia sempre bloccato annullando questo effetto, perché il movimento logora la struttura e costringerebbe a continue riparazioni, ma di sicuro se lui o lei si fossero arrischiati anche su questa “pietra” avrebbero potuto fare un bel danno e farsi ancora più male.
In realtá il progetto di Scarpa non prevede ostacoli e favoriva e auspicava l’utilizzo die blocchi per usufruire di diversi punti di vista, un pó come una porta d’acqua, quindi tutto questo suo ragionamento mi sembra un pó fuoriluogo, peccato invece che abbiano ricostruito un muretto che Scarpa aveva tolto. I monumenti vanno anche vissuti se ne é l’intento originario, così come il memoriale di Berlino che trovo un ottimo esempio.
Allora, i punti di vista pensati per un monumento sono punti di vista e non significano poterci camminare sopra. Poi, se il muretto cui lei si riferisce è il basso parapetto di cemento su cui sta la scritta “Venezia alla partigiana” faccio un po’ fatica a pensare che non facesse parte del progetto originario, così come non riesco a immaginare che Scarpa potesse prevedere che i visitatori passeggiassero su blocchi di pietra di pochi decimetri di lato, a filo d’acqua e coperti di alghe. In ogni caso, il mio discorso non c’entra con la filologia scarpiana: posso avere anche il monumento a Nonna Papera ma se attorno esso ha una cancellata, un parapetto, un oggetto qualunque che mi sbarra il passo devo sapere che sono tenuto a rispettare questo divieto e a non oltrepassarlo.
A me sembra più che altro che ci sia una certa frustrazione in quest’articolo. Da veneziano mi metto nei panni di una coppia di turisti che, in vacanza, giocano tra loro come se fossero ancora bambini. la vita è una cosa bella, non va sprecata rimproverando gli altri e se ci riflettiamo questa città è stata rovinata da chi la riempie di divieti per farla assomigliare ad un museo.
chi ci vive da sempre, come me, ne paga lo scotto tutti i giorni. d’altronde i due inglesi, o forse americani, saranno andati da qualche parte a ridere di un invasato che si comporta come una vecchietta che sogna di bucare palloni, mentre qualcun’ altro è tornato a casa per scrivere un articolo gonfio di presunta superiorità, con l’amaro in bocca ed il fegato in fiamme.
volendo anche scendere nel dettaglio penso che la partigiana non se la sarebbe presa, avrebbe forse sorriso nel vedere che qualcuno la vede come un luogo d’amore.
Dal sito del Comune di Venezia, copio e incollo:” Dal bordo della Riva dei Giardini, grazie a una sapiente interruzione nel parapetto in mattoni, il passante può entrare nell’area del monumento: vari pilastri a sezione quadrata in cemento armato sormontati da testate in pietra d’Istria, di altezza diversa e degradanti verso la laguna, consentono all’osservatore di variare continuamente il suo punto di vista.”
http://www.comune.venezia.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/27213
Se poi vogliamo spostare il discorso sui divieti, sulla sicurezza possiamo anche farlo. Ma allora lasciamo stare la cultura o l’ignoranza.
@ Andrea: allora speriamo che per consolarsi i due piccioncini si siano arrampicati sul Colleoni a San Giovanni e Paolo o abbiano inciso un bel cuore simbolo del loro eterno amore sulle colonne di San Marco. I divieti sono solo limitazioni della nostra esuberanza.
Detto questo, ti ringrazio per il “frustrato” e l'”invasato” ma visto che non mi conosci e non eri presente all’accaduto ti chiedo di tenerti per te certe parole e certe suggestive coloriture. Qualunque opinione può essere espressa senza venir meno alle regole più elementari della buona educazione. E chiudo la questione.
@ Alvise: scusa se mi permetto di suggerirti, ma vai a fare un giro alla Riva dei Giardini e guarda l’originale. Poi ne riparliamo. Ciao.
non devo farci un giro, non per niente mi chiamo Alvise…
L’ha ribloggato su imagequinee ha commentato:
Siccome ho visto io stessa un gruppo di imbecilli in sacco a pelo direttamente sotto le colonne in Piazza San Marco, condivido volentieri. Venezia chiede rispetto.
Giovanna Caronia non solo Venezia, anche Roma grida vendetta contro queste greggi di turisti, arrivino da Milano, Napoli ,dalla Francia o dalle Americhe, dalla Cina o dal Giappone con l’alibi che il turismo porta soldi stanno massacrando le nostre città i nostri monumenti, fanno il bagno nelle fontane quando non le distruggono, girano seminudi al Colosseo credendo di essere a mare buttano a terra di tutto e di più e se glielo fai notare fanno finta di non capire, citofonano alle due di notte per chiedere dove sia l’albergo ( ma non sanno leggere ?) non puoi camminare sui marciapiedi perchè non sono mai meno di 30, non puoi camminare in macchina perchè non conoscono i semafori e attaversano come e quando gli pare ! Non dobbiamo più stare zitti, abbiamo il diritto e il dovere di difendere le nostre città dai vandali e dalle cattive amministrazioni
Applausi per winckelmann.
e’ chiaro a questo punto che l’autore di questo articolo ha preso una cantonata pazzesca. Se è scritto, nel sito del comune, che Scarpa aveva pensato a un sistema per permettere di osservare l’ambiente circostante da differenti punti di vista, bisogna riuscire a farlo fare… E non meravigliamoci di turisti che vogliono fruire dell’arte! Quella moderna spesso è concepita cosi! Indignamoci perché il comune non pulisce i basamenti dalle alghe(rendendo rischiosa la fruizione), oppure per la cafonaggine ( quella si) di chi USA i pennarelli su opere storiche…per il resto se Venezia non avesse i turisti sarebbe più morta decadente e in pericolo di oggi….quante case abbandonate ci sarebbero???
Scusa Mauro, credo che basti guardare la fotografia in apertura di questo post: ti pare possibile che qualcuno possa mai aver pensato di rendere quei pilastrini di pietra affioranti dall’acqua accessibili al libero passeggio?
Ma dai, lascia perdere quello che dice il sito del comune, vai sul posto e dai un’occhiata. E vedrai, fra l’altro, che sia la siepe con la sbarra sia il cordolo di cemento sagomato con la scritta sono segni evidentissimi che quelle linee non vanno oltrepassate. Oltretutto, il cordolo di cemento appare basso se visto dalla riva ma sull’altro lato è parecchio più alto, così che il passare di là diventa parecchio pericoloso, a prescindere dalle alghe – che poi aggiungono pericolo a pericolo. Insomma, libero di pensarla come vuoi ma la mia opinione è che la cantonata l’hai presa tu.
@ Winckelmann
Non entro nel merito dell’episodio che hai riportato. Vorrei fare solo una considerazione al volo. Generale e banalissima, ma tant’è.
Purtroppo l’ignoranza e la maleducazione dei turisti non ha confini, è trasversale, e riguarda tutte le nazionalità, età, sessi. Nei miei viaggi per l’Europa (ma anche in Italia) ho visto e sentito turisti italiani fare e dire cose che voi umani…Tanto che spesso, all’estero, davvero mi sono vergognata di essere riconosciuta anch’io come italiana. Insomma, ce n’è per tutti.
Il memoriale di Eisenman a Berlino, che anch’io conosco bene: è vero che si può liberamente circolare (l’ho fatto anch’io). E vero anche, però, che quando dei ragazzi si sono seduti su uno dei blocchi e hanno tirato fuori dallo zainetto dei panini per fare merenda si sono materializzati come dal nulla due guardiani che hanno detto loro (molto gentilmente, peraltro) che no, quello non è luogo da pic nic. personalmente ho apprezzato.
Anch’io sono stata (sempre gentilmente) redarguita perché… avevo acceso una sigaretta.
Non mi sono inalberata e tanto meno offesa. Anzi, ho apprezzato. Sarò fatta male io, ma ho pensato che è vero, anche accendere una sigaretta e sfumacchiare in mezzo a quelle pietre era, da parte mia, una manifestazione di mancanza di rispetto. E il fatto che si fosse all’aperto nulla toglieva al valore simbolico del gesto.
Certamente.
Aggiungo solo che se non ci si limita a passeggiare fra i parallelepipedi del memoriale e si scende a visitare la sua parte sotterranea, cui si accede dall’angolo più appartato del grande quadrilatero, la voglia di scherzare e fare picnic ti passa, almeno per un po’.
Ho l’idea che nemmeno a Scarpa sarebbe dispiaciuto se le persone potessero vivere informalmente il monumento alla partigiana. La sbarra serve a ‘sacralizzare’ e segnare la differenza. Eppure camminare dentro ad un monumento rende più vicina a noi la memoria di ciò che celebra, farla entrare nel nostro quotidiano.
Camminare e pensare agli eventi, non certo saltellare indifferenti.
Venezia è sempre più considerata un parco giochi, dove ti senti libero di fare quel che non faresti a casa tua.
Ti manca questa; sono un po’ meno elegantucci, ti avverto!
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se mi scrivi via mail ti mando la foto, che qui non riesco a allegare
E dove trovo la tua mail? Temo di sapere di quale foto si tratta, se vuoi puoi mandarmela a pilpatoe[at]yahoo.It. Sono via tutta questa settimana e riesco a connettermi solo con un telefonino.
Grazie, mi piacerebbe metterla qui, a completamento di quello che ho scritto e a dimostrazione che c’è sempre un peggio in agguato.
Eh, però io aggiungerei anche quelli che scrivono “ma però”….
Con ironia eh!
Saluti
Sapessi quante CAPRE, perché le capre si arrampicano ovunque noncuranti di ciò che le circonda, ho visto passeggiare per Firenze, al fine di sporcarla, imbrattarla o per “lasciare un segno” che potevano tranquillamente tenersi per loro. E io neppure sono fiorentina, ma la amo questa città e la voglio vedere splendere! Pensavo di essere l’unica a pensarla così (visto il menefreghismo di chi mi circonda) per fortuna ho letto questo articolo.
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Sono d’accordo … io ieri che ha buttato una carta per terra, presa carta, sguardo diretto “Questo è tuo” “Sorry” modalità inglese Questo è tuo 🙂 e mo’ basta!!!
Già, sono sicuro che il tipo ci penserà prima di rifarlo. Altri, ancora troppi, avrebbero fotografato la carta gettata per postarla su Facebook e dare la stura a un tripudio di faccine e commenti indignati quanto sterili. Ma cosa si ottiene con questo?
Vogliono essere tutti giornalisti …