Salvato dai libri

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L’ultima cannonata Marcel Reich-Ranicki la sparò qualche anno fa e fece scalpore. Lo ricordo bene perché in quei giorni stavo in Germania e pareva che la Bild Zeitung, forse il peggiore ma anche il più letto tabloid d’Europa, impazzisse di godimento nell’avere una tale materia sotto le mani. Era successo che Reich-Ranicki, il più importante critico letterario della Germania, era stato invitato a ritirare un premio televisivo del genere dei nostri Telegatti. Era arrivato allo show e all’allibito presentatore che conduceva la diretta televisiva aveva chiesto se davvero pensavano che lui avrebbe accettato una scemenza del genere, che la televisione è una schifezza, un covo di ignoranti e un insulto alla cultura, e senza por tempo in mezzo aveva girato i tacchi e se ne era andato, lasciando lì come un salame il suo interlocutore.
Fa strano pensare che un critico letterario sia stato un personaggio di grande celebrità televisiva, eppure è così. Dopo anni passati prima a Die Zeit e poi alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, Reich-Ranicki fu l’ideatore e il conduttore di una trasmissione televisiva intitolata Il quartetto letterario, nella quale quattro critici semplicemente si incontravano e discutevano fra loro di romanzi di fresca uscita. Senza comici, senza balletti, senza musica. In prima serata. Un’idea che oggi farebbe ridere a crepapelle qualunque produttore televisivo ma che venticinque anni fa, nella Germania di venticinque anni fa, ebbe un successo clamoroso e proiettò il suo inventore nell’olimpo delle star.
Marcel Reich-Ranicki è morto nel settembre dell’anno scorso dopo una vita lunga e per molti aspetti avventurosa, che alla fine degli anni Novanta ha raccontato in questa sua autobiografia, tradotta per Sellerio da Simona Bellini. Una vita vissuta nell’amore per la letteratura e segnata per sempre dalla ferita della persecuzione nazista contro gli ebrei. Nato in Polonia e cresciuto nella Berlino degli anni Trenta, visceralmente appassionato di teatro, l’adolescente Marcel Reich (cognome imbarazzante nel dopoguerra e per questo modificato con l’aggiunta del secondo) vive sulla propria pelle l’ascesa al potere di Hitler e il progressivo erodersi della libertà degli ebrei. Pervicacemente aggrappato ai propri libri, unica via d’uscita all’orrore di cui ogni giorno riceve segni sempre più evidenti, deve abbandonarli quando viene “trasferito” in Polonia, per essere segregato con la famiglia nel ghetto di Varsavia. Qui vivrà la definitiva discesa verso l’inferno: il padre e la madre spariranno a Treblinka, il fratello maggiore verrà pure ucciso dai tedeschi ma lui, giovane ragazzo, riuscirà a fuggire dal ghetto assieme a Tosia, la fidanzatina che ha sposato per salvarla dalle selezioni e che resterà con lui tutta la vita. Vivranno nascosti da una famiglia polacca fino all’arrivo dei russi e torneranno poi nella Berlino devastata; sceglieranno di restare polacchi e lui lavorerà nei servizi segreti fino a quando, nel 1958, uno stratagemma consentirà loro di passare il muro e di trasferirsi all’ovest. Qui, fra Amburgo e Francoforte, Marcel potrà finalmente tornare ad occuparsi di letteratura per diventare il primo e più potente critico letterario della Germania.
Personaggio controverso e, per quel che si può capire, dal carattere impossibile, Reich-Ranicki ha amato i libri e la letteratura sopra ogni cosa. Nei libri, nella poesia, nel teatro e nella musica ha trovato il vero senso dell’esistenza, ma dai libri lui e sua moglie hanno anche avuto salva la vita. Catturati dai nazisti durante uno dei periodici rastrellamenti nel ghetto e incolonnati verso la stazione ferroviaria, Marcel e Tosia riescono a scappare evitando le pallottole delle guardie. Trovano rifugio in una stanza dove erano accatastati, a migliaia, libri e atti dell’archivio dell’ex-comunità ebraica di Varsavia. Ci asserragliammo, dunque, in quella grande stanza che aveva un solo accesso – proprio con l’aiuto di quei vecchi libri. Là speravamo di poter sopravvivere all’operazione. E fu così, i libri ci salvarono la vita.

Chissà quando avrei letto questo libro se non fosse stato per il blog-miniera di Gabrilù!

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